Dunning Kruger Cafe fake meat carne finta beyond impossible
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Beyond e Impossible, la non carne per i non vegani

Tempo di lettura: 12 minuti

Ci sono un sacco di motivi per non mangiare carne, o per lo meno per ridurne il consumo. I tre principali sono: la salute, l’etica e l’ecologia. Sui primi due si potrebbe discutere per anni, ci sono posizioni discordanti e sensibilità diverse, il terzo invece è quello più tangibile e oggettivo. L’allevamento intensivo dei bovini ha un impatto ambientale devastante, ci sono dati precisi in merito, non è una questione ideologica. Il riscaldamento globale sta per farci la festa

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L’argomento però è complesso, se da una parte abbiamo freddi numeri a suggerici come dovremmo cambiare i nostri comportamenti, dall’altra ci sono una serie di pregiudizi e fanatismi che rischiano di inquinare un ragionamento razionale. Ci sono i vegani, poi ci sono quelli che odiano i vegani, poi ci sono quelli che odiano quelli che odiano i vegani, per non parlare dei vegani che odiano altri vegani
Si rischia veramente di andare fuori strada e di trovarsi a fare considerazioni idiote come questo articolo delirante del Fatto Quotidiano.

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I vegani in tutto questo non c’entrano nulla, anzi, non è di loro che dobbiamo preoccuparci anche se insultarli sembra uno degli sport più in voga al momento. Se fai la grigliata ignorante a pasquetta sei genuino mentre se sei vegano sei solo un ipocrita convinto di essere moralmente superiore. Per cui tutto ciò che ha l’etichetta vegan va attaccato a prescindere per principio. Un po’ come le auto elettriche e i monopattini. Mode temporanee per ricchi annoiati al limite dell’eco-chic.
Tutto questo porta a criticare dei comportamenti che ammetto, pure a me a volte sembrano strani, come il tentativo di dare a dei prodotti vegani nome ed aspetto di prodotti a base di carne anche se non ci assomigliano neanche da lontano. Come la mortadella di seitan, hamburger di soia, latte di riso, mayonese vegana… Con questo pretesto si finisce in confronti che hanno come unica argomentazione la presa di posizione a priori, da ambo le parti.

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Nel caso dei prodotti che sto per descrivere il ragionamento è completamente diverso, nonostante sulla confezione ci sia scritto “vegan” sono rivolti espressamente ai carnivori. E forse è da questo che nasce l’equivoco.
Perchè se i motivi per non mangiare carne sono vari, quello per continuare consumarla invece è uno solo, indiscutibile e insindacabile:

PERCHÈ È BUONA. CAZZO SE È BUONA…

Quando senti il profumo della griglia, lo sfrigolio del grasso della pancetta ti dimentichi della mattanza, degli allevamenti intensivi, della sofferenza, dell’inquinamento, del cancro al colon retto e del colesterolo.
È un nostro gusto innato, siamo attirati incosciamente dalla carne, probabilmente a causa di atavici istinti. Come quando guardiamo la donna formosa perchè incosciamente stiamo cercando la femmina fertile per l’instinto di riproduzione.

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Bisogna consumare meno carne e vegani e vegetariani già lo fanno.
Allora chi dobbiamo convincere?

Tutti gli altri che non sono disposti a fare il cambio radicale di dieta. Cambiare le abitudini non si può, bisogna offrire un’alternativa che non si discosti molto da quello che non vogliamo abbandonare.
Le auto elettriche stravaganti non se le è filate nessuno, la berlina slanciata che sembra un’endotermica invece va a ruba. È difficile cambiare dall’oggi al domani senza una soluzione di continuità. Un po’ come la fotocamera dello smartphone imita il suono dell’otturatore della reflex per dare una certa familiarità.
E come per le banconote false, fin che non si svelano valgono come quelle vere. Se sembra carne, si cucina come la carne e ha il sapore della carne, è carne. Non un gambo di sedano da sfigati sotto mentite spoglie, lo può mangiare anche un boomer senza sentrirsi rammollito.

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Beyond Meat e Impossible Food nascono esattamente con questo spirito. Non un hamburger impostore per vegani, ma un hamburger quanto più simile a quello al quale sono abituati i carnivori e al quale difficilmente rinunceranno. Il fatto che sia “vegan” è irrilevante, quello che conta è che a parità di gusto e valori nutrizionali INQUINA IL 75% IN MENO.

Perchè la faccenda è tutta li: il problema è ecologico.
È vero che “per natura” l’uomo è carnivoro e bla bla bla ma non c’è più margine. Dobbiamo mettere da parte le cose che pensiamo di dover fare “per natura” (oltretutto notare l’ipocrisia che ci fa tirare in ballo la natura solo quando ci fa comodo. Leggere un sito internet sullo smartphone mentre si fa la cacca è una cosa naturale?) ed iniziare a fare qualcosa “per la natura”.

Tutto questo è stato reso possibile anche grazie ai soldi di una persona: Bill Gates.
Ma c’è anche un grosso problema di fondo: sempre Bill Gates

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Perchè se già l’argomento è delicato per i suddeti motivi, aggiungi i soldi di un milionario nonchè ex uomo più ricco del mondo, principale sponsor della campagna vaccinale e il complotto è servito.

Se lo scontro tra ultras vegan e ultras della griglia aveva giá inquinato i pozzi, ficcarci dentro il Guglielmo Cancelli fa degenerare del tutto la faccenda tirando in ballo microchip, 5G, pedofili e massoneria…

e ovviamente: DITTATURASANITARIAAAAHHHHH!!11 SVEGLIAAAAHHHHH!!111

Tentiamo di ragionare lucidamente…

Perchè no?

Allora, abbiamo detto che DOBBIAMO limitare il consumo di carne (non ho detto annullare, eh!), per questo condanno gli allevamenti intensivi e riabilito parzialmente la caccia, se praticata coi dovuti criteri. Ma fin che postiamo sui social la foto del barbeque con la dedica “ciao ciao vegani” non ne usciremo mai…
È una questione culturale e se vogliamo, di orgoglio. I vegani hanno ragione, anche se il più delle volte per i motivi sbagliati e non si può dargliela vinta.

C’è una errata percezione intorno al consumo di carne, fino a non molti decenni fa era considerata un bene di lusso e tendere a mangiarne sempre di più da l’illusione di rincorrere ricchezza e benessere. Se noi non ci facciamo più caso, il fenomeno è comunque visibile nei paesi in rapido sviluppo, come la Cina. Che un po’ stride col concetto di radical chic vegano eppure questa incoerenza non ostacola la formulazione di certi comportamenti che si concretizzano in una sempre crescente domanda di proteine.

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La UE ha approvato l’utilizzo di farine a base di larve secche perchè molto più sostenibili a livello ecologico. Non si è capito eticamente e nutrizionalmente che differenza ci sia con ciò che abbiamo già ma la gente si è indinniata “Noi siamo italiani e quindi gli chef del mondo, ergo non tolleriamo questo scempio di scarrafoni”. Perchè il vermicello fa schifo? A me fanno schifo i polli. Ma schifo schifo che non riesco nemmeno a guardarli. Eppure non faccio tante storie… Che poi, indinniata… Alla fine sono sempre i soliti ebeti populisti che cercano di evocare il Cracco che c’è in noi per farci insorgere contro l’Europa Cattiva. Bevono il Campari colorato con le mosche da 60 anni, adesso non si capisce perchè non vada più bene nutrirsi di insetti. Non che la copertina dell’articolo di Repubblica con i vermazzi che escono dal panino aiuti molto…

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Il Nostro Kapitano dimostra di essere sempre sul pezzo (demmerd…)
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Inserire questa cosa come immagine di copertina in un articolo che parla di farine derivate dalle larve è ‘narobba…

È chiaro che lo scoglio è culturale e psicologico, oltre alla nostra fame innata di carne che deve essere soddisfatta.
Quindi bisogna ingannare il carnivoro con prodotti che sembrino gli stessi ai quali è abituato e non lo facciano sentire handicappato, come se la dieta priva di carne fosse conseguenza di una malattia. Sfondarsi di bistecconi alti 3 dita è machismo…
Il gioco non è semplice perchè va fatto comunque a carte scoperte, se si scopre che dentro il panino ci sono insetti e vegetali non dichiarati scatta il “noncielodicono” e il Bill Gates può accompagnare solo.

Creare qualcosa di nuovo ma che sembri vecchio

In questo articolo parliamo di “finta carne” da non confondere con la “carne sintetica” ancora in via di sviluppo.
La finta carne è un prodotto che cerca di simulare la carne in tutto e per tutto ma senza contenere materiale di origine animale. Quindi non i soliti hamburger di soia e glutine. L’ambizione è quella di riuscire ad ingannare il carnivoro ad un assaggio al buio rendendola indistinguibile dalla carne vera. Ma lo scopo primario è inquinare meno, il che rende tutto ancor più complicato perchè limita parecchio il campo d’azione.

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hamburger di macinato Impossible

A mettere i bastoni tra le ruote a queste startup ci si mettono pure le associazioni di categoria dei produttori di carne che contestano soprattutto la definizione “carne. Di fatto non è carne, non si può negare ma se è a quest’ultima che si ispira il termine diventa comunque indicativo. Una questione simile è stata dibattuta in una sentenza della Corte di Giustizia Europea per quanto riguarda le alternative vegetali al latte, la cui definizione dovrebbe limitarsi ai prodotti di origine animale (per cui “latte di mandorla” non si potrebbe dire). In pratica se si creeranno sufficienti precedenti, l’intero mercato della carne finta potrebbe subire uno stop dovuto non tanto al prodotto in se ma alla sua definizione. Un ritiro di tutti i prodotti per un eventuale rebrand potrebbe portare al fallimento molte di queste aziende, ancora troppo piccole per sopravvivere. Se la priorità è dare una svolta verso la sostenibilità alla filiera, alimentare queste battaglie sono controproducenti, eppure le vediamo in ogni ambito. Esistono frange di conservatori che non accettano il progresso, basti vedere le discussioni tra pro e contro le fonti di energia rinnovabile. Fortunatamente, “L’Europa Kattiva che ci costringe a mangiare vermi” ha deliberato in merito e per lo meno nel vecchio continente il mercato di questi prodotti non sembra essere minacciato.

Le aziende

Parecchie aziende si sono cimentate in questa sfida con risultati più o meno convincenti ma solo due hanno raggiunto un livello di verosimiglianza tale da ingannare all’assaggio al buio e sono appunto Beyond e Impossible.

Impossible

Nel 2009 un biochimico, Pat Brown, molla tutto e si prende un periodo sabbatico, nelle sue riflessioni si preoccupa per l’impatto che l’allevamento intensivo sta avendo sulle sorti del nostro pianeta: l’industria della carne occupa il 26% della terra per allevamento, il 33% del grano coltivato serve per alimentare gli animali. Il vero problema sono gli erbivori, ovini e bovini che oltre al mostruoso consumo di risorse producono quantità di gas serra (CO2 e CH4) superiori perfino all’automotive.
Pat capisce anche che “è più facile cambiare prodotti che mentalità” e si concentra nella ricerca di un modo per poter produrre carne in maniera sostenibile.

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Giunge alla conclusione che ciò che rende la carne “la carne” è il sangue, precisamente l’emoglobina, la proteina che si lega all’ossigeno. La parte interessata è il gruppo prostetico dell’emoglobina, un complesso chimico che si forma intorno ad un atomo di ferro: l’eme. L’eme conferisce quella componente di gusto che richiama i tessuti animali. A differenza di quanto verrebbe da pensare, l’emoglobina non è prodotta solo dagli animali ma anche da alcune piante (leghemoglobina), in particolare da alcune varietà di soia. Selezionando la soia e incrociandola con dei lieviti si arriva ad ottenere una pianta OGM che produce una sostanza praticamente uguale all’eme.
Intorno a questo concetto nel 2011 nasce la startup Impossible Food e nel giro di poco tempo raccoglie le attenzioni di parecchi finanziatori, sino a valere, nel 2015, 148 milioni di dollari. L’azienda ha una crescita che attualmente si aggira intorno al 30% ogni anno.

Il prodotto di punta è un macinato a base di fibre vegetali ed eme che assomiglia per texture e consistenza al macinato di carne, sfrigola sulla piastra proprio come un hamburger, sanguina e una volta cotto è indistingubile dalla controparte animale. Il prodotto è un successo al punto che Burger King e Qdoba li inseriscono nei loro menù (in Europa non c’erano ancora i permessi per cui il Rebel Whopper di Burger King qui è stato sostituito da un prodotto della danese The Vegetarian Butcher che però non assomiglia neanche lontanamente a quello Impossible).

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Ma non è tutta rose e fiori per Pat Brown che una dopo l’altra si trova a dover affrontare diverse polemiche. Nel 2017 una persona va in shock anafilattico a seguito dell’assunzione di carne finta così la FDA chiede ad Impossible di provare che il suo eme OGM è sicuro. L’azienda produce un documento di 1066 pagine in cui risponde alle accuse. Nel 2018 FDA approva l’eme come GRAS ma rimangono gruppi di scettici, la ricerca non è stata fatta da terzi super partes per cui si accusa Impossible di conflitto di interessi.

Beyond Meat

Ethan Brown, un esperto fuel cells, inizia la ricerca di un prodotto sostituitivo alla carne perchè da vegano gli mancano gli hamburger. Non essendo il suo campo si unisce a Fu Hung Hsieh e Harold Huff, due pionieri del settore che avevano lavorato alla creazione di straccetti di pollo senza pollo. Nasce Beyond Meat.
Beyond adotta una linea che da subito si dissocia da Impossible, vantando di non contenere OGM, glutine e antibiotici. La ricetta è basata solo ed esclusivamente su ingredienti vegetali come piselli, fagioli, riso nero, olio di cocco e barbabietola (per il sangue).
Il pollo senza pollo esce nel 2012 e stupisce la critica, investono in Beyond Biz Stone (co fondatore di Twitter), Kleiner Perkins, General Mills, The Human Society e Tyson Foods. Bill Gates investe in entrambe le aziende, prima in Beyond dopo aver provato i loro tacos di pollo, poi in Impossible.
Nel 2016 arriva il macinato e fa il botto esaurendo subito le scorte.

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Beyond si quota in borsa nel 2019 aprendo con 25$ a stock crescendo del 163% in poco tempo. A quota 235$ Bill Gates vende la sua parte prevedendo la crisi che sarebbe seguita di li a poco, le azioni crollano a 76$ per arrivare nel 2020 a 58$, per poi riprendersi nel terzo quadrimestre.

I prodotti

Se la promessa ecologica viene mantenuta, quella sulla salute un po’ meno. Le finte carni sono molto lavorate, l’eme viene associato a danni cerebrali, carcinomi e diabete. Nel 2019 WHO dichiara che il consumo eccessivo di eme non è salutare quindi non è tanto l’OGM a creare problemi ma la sostanza in se. a prescindere dalla provenienza.
Un gruppo di ultras della carne ha accusato Beyond di essere troppo chimica (se paragonata al bacon…), comunque in generale troppo elaborata. Il CEO ha difeso la compagnia dichiarando che il prodotto è sicuramente migliore di quello che sostituisce. Tuttavia Beyond ha gli stessi grassi, solo meno colesterolo. Il macinato di carne ha 77 mg di sodio mentre il macinato Beyond ne contiene 390, 370 mg per Impossible. Quindi non proprio indicati per chi soffre di ipertensione. Altre accuse vertono sulla poca trasparenza e sull’ambiguità delle definizioni nelle etichette, bollando il tutto come marketing mendace, soprattutto sui valori nutritivi.

Personalmente sono riuscito a provare solo l’hamburger Beyond perchè Impossible è introvabile dalle mie parti. Il prezzo è altino (circa 5€ per 226 gr) sembra un macinato pallidino tolto dal congelatore. In padella non tradisce la sua natura, sembra carne vera, anche nell’odore. All’assaggio si sente qualcosa di sospetto nella consistenza e nell’umidità ma se non sapessi cos’è non sospetterei dell’origine vegetale del prodotto.

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Chi ha assaggiato Impossible sostiene sia indistinguibile dalla carne vera, l’eme da quel tocco di realismo che forse manca a Beyond.

Ci sono altri prodotti che ambiscono al titolo di carne finta ma non si avvicinano minimamente alla verosimiglianza di questi due brand. Per citarne alcuni: Valsoia e Next Level (Lidl). Quest’ultimo sono riuscito a provarlo, vista la reperibilità e il prezzo stracciato (circa 2,50€, la metà di Beyond). Nella confezione sembra carne, forse stranamente omogenea ma una volta in padella si rivela essere una stomachevole polpetta di funghi.

1,21 gigawatt fake meat carne finta beyond impossible vegani
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Conclusioni

Tutto bello tutto fico? Il futuro? Mmèh… Qualche considerazione va fatta.

Si, la carne finta inquina il 75% in meno rispetto alla carne animale, ma costa per cui la sua diffusione su larga scala viene frenata dal prezzo. Nel futuro, quando prenderà piede (magari grazie alla trasformazione della CO2 in amido) ci sarà un’inversione di tendenza, la carne animale diventerà un prodotto d’elite mentre quella vegetale sarà per tutti.
Al momento siamo in una fase iniziale in cui ci si aspetta dalla carne finta quanta più somiglianza con quella animale ma una volta sdoganata perderà gradualmente questo vincolo e si potrà pensare a prodotti nuovi che oggi non hanno corrispettivi esistenti, aprendo così a lavorazioni alternative, più sostenibili e ad un pubblico più vasto.

Lo scopo di queste aziende è rendere la carne ecosotenibile ma fin che viene prodotta da realtà che sono poco più che startup e da queste distribuite al resto del mondo, diciamo che i km che si fa per arrivare a noi vanno a vanificarne parzialmente il vantaggio. Avere delle linee di produzione sparse per il globo consentirebbe di avere un prodotto quasi a km 0 e più coerente con la sua natura. Perchè questo avvenga ci deve essere domanda, perchè ci sia domanda bisogna che questi prodotti vengano pubblicizzati. Oggi sono poco più di un sentito dire avvolto dai pregiudizi.

È innegabile che arriveremo ad un domani in cui la sovradomanda di proteine non potrà più essere evasa solo dall’allevamento. Realisticamente non parliamo tanto di “un’alternativa” ma di “un’aggiunta” alla produzione attuale e dovremmo ragionare anche in questi termini, a prescindere dalle implicazioni ambientali. Chiaro che per poter emergere queste aziende devono produrre profitto e vendere, al momento la linea comunicativa scelta è la più efficace, al di la delle critiche sulla trasparenza. Come ho già detto, una volta sdoganata e affermata questa tipologia di prodotti, si potranno proporne varianti differenti, più sostenibili.

Vegani e vegetariani insieme ricoprono circa il 3% della popolazione, investire sul mercato della loro alimentazione è un rischio. Infilarsi nella filiera dei carnivori con un’alternativa sostenibile invece è sicuramente un business con un potenziale enorme ma bisogna crederci. I presupposti ci sono ma per lo meno qui da noi, le catene della grande distribuzione non sembrano particolarmente interessate.